Mi sento come se stessi rinascendo. Con calma, ma con fermezza. E la cosa più sorprendente è che questa nuova consapevolezza non mi spaventa.
La paura vedo negli occhi degli altri, soprattutto in quelli di chi mi conosce da sempre.
Mi guardano come se fossi ancora fatta di vetro sottile, come se bastasse un soffio per rompermi.
Negli occhi di mia madre c’è quell’attesa silenziosa del mio prossimo errore. Mi proietta, ancora una volta, al punto di partenza.
È vero, sono fragile. Ma lo sono sempre stata.
La differenza è che adesso non lo nego più, non lo nascondo, non me ne vergogno.
Accettare la mia esistenza, tutta, anche quella che fa male, mi ha aperto gli occhi su tante scelte, su tutto quello che ho fatto e soprattutto su ciò che non ho mai avuto il coraggio di fare.
Per la prima volta, ho sentito nascere dentro di me una piccola speranza.
Non è una certezza, non è un piano. È più simile a una luce soffusa che si accende quando smetto di ascoltare i miei pensieri tormentati.
Ho il mondo davanti agli occhi e mi sento come un inutile ma allo stesso tempo necessario granello di sabbia.
Vado avanti, passo dopo passo, come una bambina che sta iniziando a camminare.
Imparare non è facile.
Soprattutto quando si tratta di scegliere me stessa prima di tutto il resto.
Mettere lo studio allo stesso livello della mia salute mentale, cercare entusiasmo anche quando la mia testa mi spinge a correre e mantenere il freno a mano tirato.
Non mi arrendo.
Perché finalmente sento dentro un fuoco che non mi brucia più.
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